domenica 30 novembre 2008

Risposta al commento di Paolo Crosignani (vedi commenti al primo post)

Caro Paolo,
grazie delle osservazioni; in effetti la proposta non deve essere stata spiegata molto chiaramente nel documento se la conclusione del lettore e' quella della costituzione di una struttura in piu'.
Non e' cosi': la struttura immaginata si configurerebbe come Istituto di Ricerca a Carattere Scientifico (IRCS); sarebbe una casa comune per i servizi di epidemiologia di vario genere (occupazionale, ambientale, sociale, delle dipendenze, ecc) gia' esistenti in una regione ( o su piu' regioni, vedi Istituti Zooprofilattici Sperimentali), ne eviterebbe la frammentazione e potenzierebbe l'impact factor, la capacita' di attrazione di fondi, l'indipendenza dalle istituzioni in cui oggi sono incardinati, con i relativi problemi amministrativi.
Una sorta di Institute of epidemiology and public health regionale o sovraregionale (laddove i professionisti a livello regionale sono troppo pochi), che raccoglierebbe in uno spazio comune fisico (o virtuale se vi sono ragioni a mantenere una suddivisione territoriale dei vari servizi esistenti) i professionisti di una stessa disciplina, cioe' l'epidemiologia (e la biostatistica).
La loro committenza istituzionale e i doveri sarebbero fissati da un atto aziendale (ARPA, ASL, Regione, Provincia, Comuni, altri Enti Locali) superando l'anarchia totale oggi esistente su questo punto (molto simile a condizioni di far west in cui ogni servizio epidemiologico si occupa di cio' che vuole) ma con uno spazio ampio di ricerca e formazione permanente (se si vuole anche di scambio di personale ed esperienze tra diverse istituzioni regionali ).

Se si e' arrivati a costituire Dipartimenti materno-infantili, neuro-psichiatrici o di salute mentale, di emergenza a livello di ASL, Dipartimenti di ogni genere a livello di Azienda Ospedaliera e Dipartimenti vari a livello universitario, razionalizzando servizi simili frammentati sul territorio, perche' non dovrebbe essere possibile una struttura a carattere regionale (visto l'ambito di attivita' e il bacino di utenza) che interpreti il vecchio mandato della 833 di costituzione dell'Osservatorio Epidemiologico Regionale, quasi ovunque disapplicata e svuotata, ma riveduto e integrato con quanto e' cresciuto nei vari anni (registri di patologia, sistemi informativi ecc), costituito o in rete virtuale o in una unica struttura fisica (a seconda e con una dizione piu' rispondente alle attuali esigenze? E soprattutto indipendnte economicamente e amministrativamente con budget in parte fisso e in parte variabile per finanziamenti esterni...

Spero di essere stato un po' piu' chiaro di quanto riportato nel documento, che era stato forzatamente limitato a 2 pagine.

Mi rendo conto che si tratta di visioni (soprattutto in un momento politico in cui solo le Fondazioni Private sembrano avere futuro), ma garantisco che non ho assunto sostanze allucinanti ne' proibite (tutt'al piu' un bicchiere di barbaresco per darmi coraggio nel gettare questo sasso)

Ciao Ennio

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Ennio,
condivido pienamente quanto da te evidenziato. A mio modo di vedere, l'attuazione in un unico contesto, regionale o sovraregionale, sia esso uno spazio virtuale, o ancor meglio fisico, dei professionisti che si occupano di epidemiologia e biostatistica si configura sempre più come un'esigenza non derogabile piuttosto che una scelta opzionale. Questa "casa comune" potrebbe rappresentare efficacemente l'entità di riferimento per la committenza istituzionale, e al tempo stesso un supporto formativo ed informativo per gli operatori del settore, razionalizzando la frammentazione, quando non la dispersione, delle competenze presenti nelle diverse realtà regionali.
Con stima. Marco